Nottingham è una tranquilla cittadina del Regno Unito, una distesa ordinata di camini rossi, abbaini in legno, ristoranti asiatici e siepi di pungitopo ben curate. In autunno e in inverno, venti e piogge attraversano le sue strade; quando sopraggiunge la primavera, quando poi finalmente irrompe l’estate, anche. Gli abitanti di Nottingham si spostano in tram, corrono in bicicletta, scrivono al computer in uffici dai mattoni rossi, intagliano zucche e coltivano bacche. Gli abitanti di Nottingham fanno molte cose. Eppure, dovunque essi siano, qualunque attività stiano svolgendo, alzando lo sguardo riescono sempre a vederlo, lassù, immobile e fiabesco, al centro dell’orizzonte: il castello. E’ lì da sempre e tutti lo conoscono; un gallo menestrello seppe renderlo celebre. Nottingham si trova nel cuore delle Midlands, le britanniche terre di mezzo. Proprio queste lande ostili, attraversate un tempo dalle guardie di un crudele sceriffo e dalle frecce di un giustiziere leggendario, ispirarono John Ronald Reuel Tolkien, gli permisero di descrivere i paesaggi incantati della sua Middle Earth. La mitica Terra di Mezzo.
– Ma che stai a ddi’? Ando’ l’hai letta sta cosa?
– Marisa adesso non ricordo benissimo, ma è chiaramente così .. : Middle Earth, Middle Land, Midlands, et voilà! Il gioco è fatto! Non dirmi che non lo sapevi ..
– Si, Vualà .. Mm. … Sarà!
Ebbene. Ho raggiunto la mia Terra di Mezzo nel cuore della notte, sotto il peso di uno zaino scout spacciato per bagaglio a mano, accompagnata da un trolley molto simile ad una roulotte per dimensioni. Ricordo un autobus di collegamento: Aeroporto – Nottingham, questa la tratta. Ricordo i suoi due piani, i colori della fiancata. Ricordo il brio dell’autista, forse più adatto all’autodromo nazionale di Monza che al vialetto semi-asfaltato della circostanza, ma comunque d’atmosfera. Ricordo la preoccupazione per i miei bagagli in caduta libera, e poi il forte desiderio di una destrezza migliore per il mio prossimo futuro.
Da quella notte, venti giorni esatti sono passati. Venti giorni di scoperte e sempre nuove avventure, quali ad esempio: la relazione complicata tra me e un pavimento da bagno in moquette; la magica evaporazione di latte e olio in cucina; l’eterna vita dei panni stesi ad asciugare sotto le nubi; l’interessante convivenza tra un’italiana, un irlandese, un’inglese, una polacca. Cioè tra me ed i miei coinquilini. I coinquilini. Sono loro l’avventura più intrigante tra tutte, quassù nella britannica Terra di Mezzo.
B. è un ventiduenne irlandese. Ha capelli rossi, sorride sempre, vive nella stanza più ambita della casa, quella più grande, più vicina alla cucina e al bagno, più luminosa, più tutto. Vi trascorre le ore notturne e gran parte di quelle diurne studiando very hard, per passare gli esami del suo master’s course in Psicologia Forense. Il suo reparto frigo è sempre occupato da due confezioni soltanto: una contenente succo di mirtillo, l’altra contenente maionese. Talvolta, B. acquista anche del ketchup. B. è un ragazzo sereno, sorride quasi sempre, è allegro e cordiale con chi lo circonda. Solo un fattore può turbare questo suo invidiabile equilibrio: un qualunque gatto nei suoi pressi. Quando, per sventura, un micio randagio dal pelo pezzato e dagli occhi malati si è intrufolato in casa nostra, B. è impazzito. Ha chiuso gli occhi, ha afferrato il modem ADSL, lo ha stretto tra le mani manco fosse una pallina antistress, ha bisbigliato: “oh my god oh my god ohmygodohmygodohmygodd”, poi è schizzato fuori di casa, alla ricerca di “volunteers” capaci di convincere l’animale ad abbandonare la postazione.
S. è una ventunenne inglese magrissima e dalla pelle diafana; ha capelli lunghi e corvini, ama raccoglierli in ciucci. Durante i giorni feriali, che trascorre come commessa in un negozio di abbigliamento, S. indossa i seguenti articoli: vestito nero a maniche lunghe, calze nere, ballerine nere, giacchino eco-pelle nero. Dopo venti giorni di frequentazione, ho capito che la divisa feriale di S. non prevede alcuna possibilità di variazione cromatica. Nel corso del weekend invece, S. si adatta ad un più sobrio pigiama grigio. Il suo reparto frigo è costantemente ed esclusivamente rifornito di latte parzialmente scremato; nella sua credenza sono invece riposte decorazioni per dolci, bustine di zucchero, barattoli di fruttosio, che lei mangia durante i pasti.
Di seguito, uno dei nostri più interessanti confronti:
– Ehi S., hai per caso bevuto tu il mio latte?
– Ah, sì. Credo di sì.
– Oh. E perché?
– Ho un buco in camera, che dà direttamente sulla strada. L’ho fotografato col cellulare. Ti faccio vedere. E ho anche un video, guarda
– …
– Beh, ora ho capito da dove veniva tutto quell’umido. Sai, consumo molto per via del freddo. Vado in cucina e bevo latte. Oppure mangio zucchero. Ieri il latte non lo avevo, così ho preso il tuo. Domani te lo ricompro.
– Ma non sarebbe più pratico chiudere il buco?
– Non si può. E’ dietro il termosifone.
– Beh, scrivi alla proprietaria ..
– La proprietaria è una bitch.
– Ho capito, ma l’inverno sta arrivando, mica stiamo alle Galapagos
– Hai mai ucciso qualcuno nella tua vita?
– … Eh?
– A me piacciono molto i coltelli da cucina. So tenerli in equilibrio sull’indice. Guarda.
Per una serie di ragioni, S. è stata soprannominata Mercoledì. Si sospetta abbia fatto parte del cast di “The Addams Family”, per poi iniziare una nuova vita proprio in Terra di Mezzo. Proprio nella mia stessa casa. Proprio al primo piano, nella stanza di fronte alla mia. Da un po’ di tempo, la notte chiudo a chiave la porta.
Il team prevede inoltre un quarto elemento. Vorrei rendere gloria a lei: la regina dei fornelli e delle ricche colazioni. Colei che cucinando lardo, cipolle e patate in padella alle 7,30 am di ogni giorno, riscalda la cucina e i cuori nostri. Colei che gestisce bollette e raccolte differenziate, turni delle pulizie e rifornimento detersivi. Non la chiamerò P., perché penso sia giusto renderle merito ricordandone il nome tutto: la chiamerò allora Paulina. Il nome rimanda all’Equatore, al verde del Perù, ma Paulina è polacca e non ha proprio nulla che possa anche solo vagamente evocare le calienti atmosfere latine. È una ventottenne di stazza rassicurante, indossa solo scarpe da ginnastica e magliette decorate con proverbi vichinghi. Trascorre l’intera settimana, domenica compresa, nel laboratorio dell’università; lì conduce esperimenti, lì progredisce nella conoscenza della bio-chimica. Sposerà la scienza. Questo almeno è quello che ha rivelato a Mercoledì, in risposta ad un’indiscreta domanda formulata all’ora del té.
Di sera, P. si chiude in camera e prende lezioni di chitarra da un tutorial. Lo sta facendo anche adesso. Ascoltarla è bellissimo, perché quando suona, P. si trasforma: perde la sua stazza rassicurante, si riduce ad una serie di accordi incerti; vaga leggera, tra il primo ed il secondo piano; svanisce la donna consacrata alla scienza, resta solo tanta dolcezza.
Hahaha! Amazing. Sei ancora a Nottingham? Dobbiamo incontrarci!!
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Cecilia! Archeologgist è una pessima frequentatrice del web, ti legge solo ora! Mi piacerebbe molto! Lo facciamo? 🙂
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